Il Gyaru (ギャル) e la sua sfida al tradizionalismo giapponese

Ragazze vestite in stile “Kogal”.

Il termine “gyaru” (che indica la pronuncia giapponese della parola “gal”, slang inglese per “ragazza”) venne adottato intorno agli anni ’70 per indicare un’allora nascente moda giapponese, spopolata in seguito durante il periodo Heisei (1989-2019).

La prima subcultura di questo stile nasce all’inizio degli anni ’90, definita “kogyaru”. Era un tipo di moda principalmente adottato da figlie di famiglie benestanti, che frequentavano scuole private. Le ragazze kogyaru infatti potevano permettersi vestiti e accessori lussuosi, spesso tipicamente “occidentali”, quindi non facilmente accessibili alle ragazze che provenivano da ceti medi o bassi. Le kogyaru sono riconosciute soprattutto per le modifiche apportate alle loro uniformi scolastiche: le gonne venivano accorciate, le cravatte erano annodate in fiocchi, e indossavano larghi cardigan sopra le camicie. Considerato l’estremo rigore delle scuole giapponesi, questi cambiamenti erano visti come particolarmente oltraggiosi.

Ragazze in stile “Ganguro”.

Uno dei sottogeneri più popolari del gyaru prende forma quasi in risposta al fenomeno di sessualizzazione di cui le kogal erano state vittime: il ganguro.  Adottando un linguaggio volgare, considerato “estremamente improprio” per delle ragazze giapponesi, le giovani ganguro riescono a scongiurare il pericolo che questo stile finisse per trasformarsi in un mero feticcio, creando uno spazio sicuro per le ragazze che aderiscono a questa sottocultura. Inoltre, poiché sfoggiare abiti e accessori di lusso non è più una prerogativa per le gal, cresce sempre di più la partecipazione al fenomeno da parte delle giovani meno abbienti. Le caratteristiche principali del ganguro sono: una pelle estremamente abbronzata, trucco dai colori sgargianti e capelli decolorati.

Il gyaru e i suoi sottogeneri sono però molto più che un semplice modo di abbigliarsi, poiché l’impatto che questa sub-cultura ha avuto a livello sociale non è da sottovalutare.

In un contesto come quello della società giapponese, che vive seguendo il motto “出でる杭くいは打うたれる” (“Il chiodo che sporge verrà martellato”), non omologarsi è davvero una decisione coraggiosa, specialmente per le donne. Sin da bambine, viene loro insegnato ad essere estremamente umili e miti, a non farsi notare troppo, ad essere soltanto cordiali e fini. Le ragazze gyaru invece spiccano tra le folle, parlano a voce alta, hanno modi di fare bruschi, se ne infischiano degli standard di bellezza che le vogliono pallide e delicate come bambole di porcellana. Grazie a questa subcultura, si è venuta a creare una rete di supporto tra ragazze, e molte donne adulte che ancora aderiscono a questo stile fungono da vere e proprie mentori. Soprattutto nei primi anni 2000, infatti, molte delle prime kogyaru cominciarono a lavorare come commesse per i negozi d’abbigliamento del centro commerciale Shibuya109, all’epoca il luogo più popolare in cui trovare capi d’abbigliamento in stile gal. Queste commesse erano molto rinomate all’interno della sottocultura proprio per il loro ruolo “guida”, tanto da ricevere il soprannome “impiegate super carismatiche” (“スーパーカリスマ店員”).

In sintesi: che piaccia o no, il gyaru è molto più che un semplice modo di vestire, e forse sarebbe il caso di approcciarsi ad esso con un occhio più critico che giudicante.